GENETICA, EREDITARIETÀ DELLA MALATTIA DI DENT
RIFERIMENTI
La malattia di Dent è una rara patologia congenita che causa la formazione di calcoli renali e porta spesso allo sviluppo di insufficienza renale. I sintomi si manifestano solitamente durante l’infanzia, ma possono passare inosservati fino all’età adulta.
La malattia è caratterizzata dalla presenza di proteine a basso peso molecolare nelle urine, un’aumentata escrezione di calcio nelle urine (ipercalciuria), la formazione di depositi di calcio nei reni (nefrocalcinosi) e calcoli renali ricorrenti (nefrolitiasi).
Alcune caratteristiche meno comuni della malattia sono il rachitismo, ovvero la presenza di deformità ossee secondarie ad alterazione del metabolismo calcio-fosforo, e disturbi della crescita. La malattia si manifesta generalmente nei maschi poiché la sua ereditarietà è legata al cromosoma X (vedi sotto).
L’incidenza della malattia è probabilmente sottostimata a causa dell’assenza in molti pazienti di sintomi conclamati e della scarsa conoscenza della malattia stessa. La malattia di Dent viene spesso diagnosticata tardi quando la funzione renale è ormai compromessa.
La malattia di Dent è una malattia congenita causata da una mutazione genetica, in particolare è una malattia monogenica, ovvero coinvolge un singolo gene per volta (in questo caso il gene CLCN5 o il gene OCRL1). La malattia di Dent appartiene ad un gruppo di malattie chiamate tubulopatie.
Le tubulopatie sono malattie che coinvolgono i tubuli renali (vedi sotto) e si dividono in prossimali, distali o miste a seconda della parte del tubulo colpita dalla malattia.
Nella malattia di Dent il difetto riguarda principalmente la porzione prossimale. Questo tratto di tubulo riassorbe molte sostanze utili all’organismo che filtrate attraverso i glomeruli (filtri renali) verrebbero altrimenti perse. I geni CLCN5 e OCRL1 codificano specifici enzimi coinvolti nel riassorbimento di proteine a basso peso molecolare e minerali, come potassio, fosfato, calcio e bicarbonato.
Il compito principale dei reni è quello di eliminare dall’organismo l’acqua in eccesso e i prodotti di scarto attraverso la produzione di urina. Ogni rene contiene in media circa un milione di nefroni, ciascuno dei quali è costituito da un filtro (glomerulo) e da un tubo (tubulo).
Il sangue circolante viene filtrato dal glomerulo per formare l’urina primaria. Questi filtri sono impermeabili alle cellule del sangue e alle proteine di grandi dimensioni.
I tubuli sono necessari per recuperare le sostanze che sono state filtrate nei glomeruli ma che sono preziose per l’organismo, come l’acqua, gli elettroliti (come sodio, cloruro, potassio, calcio, magnesio, fosforo e molti altri), il glucosio, gli aminoacidi e le proteine. Inoltre, i tubuli regolano l’omeostasi acido-base. Questi processi sono necessari per mantenere in costante equilibrio le sostanze chimiche del corpo.
I reni di un adulto filtrano circa 150 litri di acqua al giorno, il 99% dell’acqua viene riassorbita dai tubuli in modo che vengano eliminati soltanto circa 1,5 litri di urina finale. Questo è possibile grazie al fatto che i tubuli renali hanno una lunghezza totale di 80 km!
I tubuli sono costituiti dai seguenti segmenti: il tubulo prossimale, l’ansa di Henle, il tubulo distale e il dotto collettore. Nei tubuli prossimali avviene la maggior parte del riassorbimento.
I reni producono anche ormoni che influenzano la funzione di altri organi, ad esempio l’ormone che stimola la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo. Altri ormoni prodotti dai reni regolano la pressione sanguigna e il metabolismo del calcio.
La malattia è causata da una mutazione di un singolo gene CLCN5 o OCRL1. Entrambi questi geni sono localizzati sul cromosoma X pertanto l’ereditarietà di queste malattia è legata al sesso.
Nei maschi le cellule del corpo contengono un cromosoma X e un cromosoma Y, mentre nelle femmine ogni cellula contiene due cromosomi X.
La malattia di Dent ha una trasmissione recessiva legata al cromosoma X. Questo significa che di solito si manifesta solo nei maschi, poiché nelle femmine un cromosoma X può compensare il difetto dell’altro cromosoma. Nelle femmine la malattia si manifesta in maniera severa solo se entrambi i cromosomi X sono affetti.
I maschi (XY) ereditano la malattia dalla madre poiché ricevono sempre il cromosoma X dalla madre e il cromosoma Y dal padre. Le femmine possono ereditare la malattia da entrambi i genitori. Una donna portatrice della mutazione (CLCN5 o OCRL1) ha il 50% di possibilità di trasmettere la mutazione ai propri figli di entrambi i sessi. Tuttavia le femmine non manifestano la malattia in maniera grave peiché ricevono anche un cromosoma X sano. I maschi manifestano la malattia perché ricevono un unico cromo- soma X mutato. Una femmina che ha un cromosoma X affetto e uno sano è chiamata portatrice sana della malattia perché non presenta sintomi ma può trasmettere la malattia ai propri figli. Dal momento che è sufficiente un unico cromosoma X perché una cellula funzioni, uno dei due cromosomi X presenti nelle femmine viene inattivato. Si tratta di un evento casuale che si verifica in ogni singola cellula del corpo. Per questo fenomeno le donne portatrici della malattia sono costituite da un insieme di cellule che esprimono o il cromosoma X mutato o il cromosoma X sano. Quando nella maggior parte delle cellule viene inattivato il cromosoma X mutato l’individuo non sviluppano alcun sintomo di malattia o solo sintomi molto lievi. Quando è il cromosoma X sano ad essere inattivato nella maggior parte delle cellule le donne colpite possono sviluppare diversi sintomi della malattia di Dent.
Si parla di ereditarietà legata all’X quando i geni mutati si trovano sul cromosoma X. Queste malattie si differenziano da quelle autosomiche per il fatto che colpiscono in modo diverso femmine e maschi. Questo perché le femmine hanno due cromosomi X e quindi due versioni di ciascun gene che si trova sul cromosoma X, mentre i maschi hanno un solo cromosoma X, cioè una sola versione per ciascun gene. Pertanto un gene mutato sul cromosoma X porterà alla manifestazione di malattia nei maschi, mentre per le femmine il secondo cromosoma X può compensare il gene mutato (eredità recessiva X-linked).
In casi estremamente rari la mutazione si verifica in maniera del tutto casuale in un indivisuo senza che i genitori siano portatori di questa mutazione. Si parla di “mutazione de novo” e la causa è una mutazione in una cellula germinale (ovulo o spermatozoo) di un genitore, oppure una mutazione nell’ovulo fecondato durante le prime fasi dell’embriogenesi. In questa situazione la mutazione si manifesta per la prima volta in un membro della famiglia e gli altri figli non ne saranno affetti. Tuttavia, l’individuo affetto trasmetterà la mutazione alla sua progenie.
Determinare l’origine della mutazione (de novo o ereditaria) è importante per la pianificazione familiare (valutazione del rischio per i fratelli) ma anche per una potenziale donazione di rene da parte della madre nel caso in cui il figlio sviluppi un’insufficienza renale.
Il corpo umano è composto da milioni di cellule. La maggior parte delle cellule contiene una serie completa di geni.
I geni sono le “istruzioni d’uso” per il nostro organismo, controllano la crescita e il funzionamento del nostro corpo e sono responsabili di molte delle nostre caratteristiche come il colore degli occhi o la nostra altezza.
Quando si verifica la mutazione di un gene il prodotto corrispondente (prodotto genico), ovvero la proteina che viene codificata da quel gene, può essere strutturalmente anomalo, malfunzionante o assente. A seconda della funzione di quella particolare proteina la malattia può coinvolgere un singolo organo o più apparati.
I geni sono costituiti da una sostanza chimica chiamata DNA e si trovano all’interno di strutture filamentose chiamate cromosomi.
Ogni persona possiede 46 cromosomi nella maggior parte delle proprie cellule. In particolare 22 coppie di cromosomi autosomici e una 1 coppia di cromosomi sessuali (XX o XY). I cromosomi vengono ereditati dai genitori, 23 cromosomi dalla madre e 23 cromosomi dal padre, così che ogni persona possiede 2 serie complete di 23 cromoso- mi o 23 “coppie”. Dal momento che i cromosomi sono costituiti da geni, ogni indivi- duo eredita 2 copie per ciascun gene, una copia da ciascun genitore. La situazione è leggermente diversa nel caso dei cromosomi sessuali, negli individui maschi la coppia di cromosomi è costituita da un cromosoma X e un Y (XY), negli individui di sesso femminile la coppia di cromosomi sessuali è costituita da due cromosomi X (XX).
Questo tipo di eredità riguarda i geni situati sui cromosomi autosomici, cioè non legati al sesso.
Nel caso dell’ereditarietà autosomica dominante è sufficiente una sola copia del gene difettoso perché si manifestino i sintomi della malattia. Nel caso dell’ereditarietà autosomica recessiva è necessario che entrambe le copie del gene siano difettose perché si manifesti la malattia.
Si parla di ereditarietà legata all’X quando i geni mutati si trovano sul cromosoma X. Queste malattie si differenziano da quelle autosomiche per il fatto che colpiscono in modo diverso femmine e maschi. Questo perché le femmine hanno due cromosomi X e quindi due versioni di ciascun gene che si trova sul cromosoma X, mentre i maschi hanno un solo cromosoma X, cioè una sola versione per ciascun gene. Pertanto un gene mutato sul cromosoma X porterà alla manifestazione di malattia nei maschi, mentre per le femmine il secondo cromosoma X può compensare il gene mutato (eredità recessiva X-linked).
Sono state identificate ad oggi due diverse forme di malattia. Entrambe sono forme recessive legate al cromosoma X ma coinvolgono due geni differenti.
La causa della malattia è una mutazione nel gene CLCN5 che codifica un canale per il cloro CLC-5. CLC-5 svolge un ruolo chiave nell’acidificazione degli endosomi nelle cellule tubulari prossimali, meccanismo importante per il riassorbimento delle proteine a basso peso molecolare (BPM) dall’urina.
È il tipo di malattia più comune ed è responsabile di circa il 65% di tutti i casi di malattia di Dent. Sono state identificate diverse mutazioni di questo gene e i sintomi possono variare notevolmente, anche nei pazienti che condividono la stessa mutazione.
Il tipo 2 è responsabile del circa 10-15% dei casi di malattia di Dent, la causa della malattia è una mutazione nel gene OCRL1. Questo tipo di malattia si caratterizza per gli stessi sintomi renali della malattia di Dent di tipo 1 ma si può associare anche ad altri sintomi come disabilità intellettiva, anomalie agli occhi, quali cataratta (un annebbiamento del cristallino normalmente trasparente), e bassa statura.
Il gene OCRL codifica una proteina coinvolta nel trasporto intracellulare delle cellule tubulari prossimali e in molti altri processi dell’organismo. Alcune mutazioni nel gene OCRL causano la malattia di Dent di tipo 2 mentre altre mutazioni causano una malattia molto più grave chiamata sindrome di Lowe (vedi sotto).
Comprende il restante 25-35% dei pazienti con caratteristiche tipiche della malattia di Dent ma che non presentano mutazioni nei due geni noti. È probabile che esistano altri geni non ancora identificati in grado di causare la malattia.
La malattia di Dent fu descritta per la prima volta da Charles Enrique Dent e M. Friedman nel 1964, essi descrissero i casi di due bambini inglesi non imparentati tra loro che presentavano rachitismo e danno tubulare renale caratterizzato da ipercalciuria, iperfosfaturia, proteinuria e aminoaciduria (aminoaciduria - si veda il termine anche nel glossario - quantità anomala di aminoacidi nelle urine). Il nome alla malattia fu dato 30 anni dopo dal nefrologo Oliver Wrong che descrisse in modo più completo la malattia e scelse di chiamarla con il nome del suo maestro.
La malattia colpisce quasi esclusivamente i maschi e i sintomi possono comparire fin dalla prima infanzia. La gravità della malattia di Dent può variare notevolmente anche tra i membri della stessa famiglia. I soggetti affetti possono anche non presentare tutti i sintomi tipici. Per ogni caso vanno valutati individualmente i sintomi, il loro trattamento e la prognosi generale.
È possibile fare diagnosi accidentalmente nella fase asintomatica della malattia, ma il più delle volte la diagnosi avviene a seguito del riscontro di malattia renale cronica avanzata ad eziologia sconosciuta tra i 30 e i 50 anni di età.
Le donne portatrici di mutazione della malattia di Dent possono presentare una lieve proteinuria a basso peso molecolare e ipercalciuria, ma i calcoli renali e l’insufficienza renale sono rari.
I pazienti affetti dalla malattia di Dent presentano livelli elevati di proteine nelle urine, questa è l’unica anomalia di laboratorio sempre presente nei soggetti affetti. Nella malattia di Dent il tipo di proteinuria osservata è nota come proteinuria a basso peso molecolare (proteinuria BPM). Le proteine BPM sono piccole proteine che vengono filtrate dai reni, ma riassorbite e processate nei tubuli prossimali per cui di solito non sono rilevabili nelle urine dei soggetti sani. La misurazione delle proteine BPM richiede test specifici, pertanto, può passare inosservata al semplice esame urine di routine. Esempi di proteine BPM utilizzate per la diagnosi sono la beta-2 microglobulina, l’alfa-1 microglobulina e la proteina legante il retinolo.
La presenza di una proteina BPM nelle urine indica un’alterata funzione del tubulo prossimale. Nella malattia di Dent la concentrazione urinaria di beta-2 microglobulina è almeno cinque volte superiore al limite di normalità.
La valutazione quantitativa della proteinuria BPM può essere fatta attraverso una raccolta delle urine delle 24 ore, oppure può essere valutato il rapporto tra beta 2-microglobulina (come esempio di proteina BPM) e creatinina in un campione di urina spot.
Poiché la presenza di proteine nelle urine è un sintomo caratteristico delle malattie glomerulari più che delle malattie tubulari, la presenza di proteinuria può confondere il medico e inizialmente la malattia di Dent può essere confusa per una forma di glomerulonefrite (infiammazione del glomerulo) o una sindrome nefrosica (perdita massiva di proteine attraverso i filtri glomerulari). Un’analisi più specifica delle urine dei pazienti con la malattia di Dent rivelerà che le proteine BPM costituiscono la maggior parte delle proteine presenti nelle urine.
L’alterato riassorbimento delle proteine a basso peso molecolare nei tubuli renali prossimali si accompagna spesso anche ad un difetto di assorbimento di altre sostanze come fosfato, potassio, aminoacidi o bicarbonati.
A seconda della quantità di sostanze interessate si parla di sindrome di Fanconi incompleta o completa.
Sindrome di Fanconi completa (sindrome di De Toni-Debré-Fanconi) un difetto del tubulo prossimale che compromette tutte le sue funzioni e causa la perdita di aminoacidi, glucosio, fosfati, acido urico, citrato, proteine a basso peso molecolare, magnesio, potassio, calcio, bicarbonato e acqua.
La sindrome di Fanconi incompleta si riferisce alla perdita di solo alcuni dei componenti sopra citati. Nella maggior parte dei pazienti con la malattia di Dent non tutte le funzioni del tubulo prossimale sono compromesse. La continua perdita urinaria porta ad una diminuzione delle concentrazioni ematiche delle sostanze interessate: la perdita di fosfato porta all’ipofosfatemia, quella di potassio all’ipokaliemia e quella di bicarbonato all’acidosi tubulare renale. La perdita di aminoacidi non ha conseguenze metaboliche. Poiché il fosfato è necessario per la formazione delle ossa, l’ipofosfatemia può causare rachitismo o osteomalacia (vedi glossario), che non rispondono ad una terapia con alte dosi di vitamina D (a differenza di altre forme di rachitismo). Il danno osseo è aggravato dall’acidosi tubulare renale che aumenta il riassorbimento osseo. Infine, la crescita ossea può essere compromessa e i pazienti possono sviluppare deformità ossee. L’ipopotassiemia può causare debolezza muscolare e compromettere l’assorbimento dell’acqua con conseguente aumento della produzione di urina (poliuria) e incremento della sete (polidipsia) con il rischio di sviluppare disidratazione.
L’ipercalciuria, come la proteinuria BPM, può essere identificata solo attraverso esami di laboratorio specifici. Il semplice esame delle urine è spesso normale anche se a volte l’ipercalciuria può accompagnarsi a ematuria, cioè all’anomala presenza di globuli rossi nelle urine.
La causa di ipercalciuria nella malattia di Dent non è ancora del tutto chiara. Un potenziale meccanismo responsabile è il mancato riassorbimento tubulare dell’ormone paratiroideo, una proteina a basso peso molecolare che regola l’escrezione del calcio. Inoltre, potrebbe essere coinvolta la perdita di una proteina che lega la vitamina D, anch’essa responsabile della regolazione del calcio. Un altro potenziale meccanismo è il rilascio di calcio da parte dell’osso a causa di un incremento del riassorbimento osseo dovuto all’acidosi metabolica, un’altra caratteristica della malattia di Dent.
Per valutare l’escrezione di calcio nelle urine si raccomanda una raccolta delle urine delle 24 ore. Se ciò non è possibile, ad esempio nei bambini piccoli che portano il pannolino, può essere determinato il rapporto tra la concentrazione urinaria di calcio e quella di creatinina in un campione di urine spot, tuttavia questo metodo è meno accurato.
L’aumento della concentrazione di calcio nelle urine porta alla sua cristallizzazione e quindi alla calcificazione del tessuto renale (nefrocalcinosi) e formazione di calcoli renali (nefrolitiasi).
Le calcificazioni renali e i calcoli renali possono essere visualizzati con l’ecografia. A volte il primo sintomo che suggerisce la presenza di calcoli renali è il riscontro di sangue nelle urine, spesso visibile solo al microscopio (“ematuria microscopica”).
I calcoli renali possono causare anche altri sintomi, come minzione dolorosa (disuria), necessità di urinare frequentemente, dolore addominale (colica renale), ostruzione del flusso di urina o infezioni ripetute delle vie urinarie.
La presenza in un individuo di sesso maschile di proteinuria a basso peso molecolare in combinazione con ipercalciuria o nefrocalcinosi o nefrolitiasi può essere l’unico sintomo della malattia e deve condurre al ulteriori approfondimenti diagnostici.
La diagnosi clinica della malattia di Dent si basa sull’identificazione dei sintomi caratteristici (vedi figure 1 e 6) e si deve avvalere di una raccolta anamnestica dettagliata sia del paziente che della sua famiglia, di una valutazione clinica approfondita e di diversi esami specialistici.
In considerazione dell’estrema variabilità dei sintomi che possono presentare i soggetti affetti, la malattia di Dent deve essere presa in considerazione nei maschi che presentano:
sintomi di malattia glomerulare (sindrome nefrosica resistente agli steroidi)
disfunzione tubulare renale/sindrome di Fanconi
nefrolitiasi idiopatica
malattia renale cronica a causa non nota
I test genetici molecolari sono in grado di identificare la presenza di mutazioni nei due geni che causano la malattia (CLCN5 e OCRL1) ma non sono sempre necessari per fare diagnosi, soprattutto quando ci sono le tipiche caratteristiche cliniche (ad esempio negli individui maschi che presentano proteinuria a basso peso molecolare e ipercalciuria). I test molecolari sono però raccomandati quando è necessario distinguere la malattia di Dent da altre malattie genetiche che possono causare nefrocalcinosi e malattia renale cronica. Va tenuto presente che in un terzo dei casi non viene identificata nessuna mutazione nei due geni noti, nonostante un quadro clinico tipico di malattia di Dent.
La biopsia renale (prelievo di un piccolo campione di tessuto renale per la valutazione al microscopio) viene spesso eseguita in pazienti con malattie renale cronica a genesi non nota e proteinuria o ematuria significative, tant’è che alcuni pazienti con malattia di Dent vengono sottoposti a biopsia renale prima della diagnosi. I risultati della biopsia sono aspecifici e dimostrano spesso sclerosi glomerulare (FSGS) (vedi glossario), fibrosi interstiziale (cicatrizzazione) e nefrocalcinosi.
La biopsia renale non è necessaria per diagnosticare la malattia di Dent e può addirittura confondere.
Esistono diverse malattie genetiche rare che, come la malattia di Dent, sono caratterizzata dalla comparsa di calcoli renali sin dall’infanzia.
Tali disturbi comprendono l’iperossaluria primitiva, l’ipomagnesemia primitiva familiare con ipercalciuria e nefrocalcinosi (sindrome di Michelis-Castrillo), il deficit di adenina fosforibosiltransferasi (APRT) e la cistinuria.
L’iperossaluria primitiva (PH) | comprende un gruppo di malattie metaboliche genetiche rare caratterizzate dall’accumulo di una sostanza nota come ossalato nei reni e in altri organi del corpo. Nei soggetti affetti manca un enzima che normalmente impedisce l’accumulo di ossalato. |
L’ipomagnesemia primitiva familiare con ipercalciuria e nefrocalcinosi (sindrome di Michelis-Castrillo, FHHNC) | è una rara malattia genetica autosomica recessiva che si presenta con perdita urinaria di magnesio e calcio. Le caratteristiche principali della malattia sono l’ipomagnesiemia, l’ipercalciuria e la nefrocalcinosi. I pazienti si presentano clinicamente con poliuria/polidipsia e rachitismo resistente alla vitamina D. La FHHNC deriva da mutazioni nei geni CLDN16 o CLDN19. I geni CLDN16 e CLDN19 codificano delle proteine contenute nella giunzione stretta cellulare, rispettivamente la claudina-16 e claudina-19, che vengono espresse nel tratto ascendente dell’ansa di Henle e formano un complesso essenziale per il riassorbimento paracellulare di magnesio e calcio. |
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Il deficit di adenina fosforibosil-transferasi (APRT) | è una malattia caratterizzata da un’eccessiva produzione ed escrezione renale di 2,8-diidrossiadenina (DHA) che porta alla formazione di calcoli renali ed al danno renale da cristalli (cioè la nefropatia da cristalli di DHA), caratterizzato da episodi ricorrenti di insufficienza renale acuta e malattia renale cronica progressiva. |
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La cistinuria | è una malattia ereditaria autosomica recessiva caratterizzata da elevate concentrazioni dell’aminoacido cistina nelle urine con conseguente formazione di calcoli di cistina nei reni e nelle vie urinarie. |
La sindrome di Faconi | Inoltre, esistono una serie di altri disturbi genetici che si caratterizzano per la comparsa di sindrome di Fanconi e che quindi entrano in diagnosi differenziale con la malattia di Dent. Ad esempio, disturbi ereditari come la cistinosi, l’intolleranza ereditaria al fruttosio, la galattosemia, la tirosinemia, la malattia di Wilson e varie malattie da accumulo di glicogeno. |
La sindrome de Lowe | è una rara malattia genetica caratterizzata da problemi oculari congeniti, tra cui l’opacizzazione del cristallino (cataratta), problemi renali che si sviluppano solitamente nell’arco del primo anno di vita e anomalie cerebrali associate a disabilità intellettiva. I sintomi specifici e la gravità dei disturbi possono variare notevolmente da persona a persona. La sindrome di Lowe è associata al cromosoma X ed è causata da mutazioni nello stesso gene che causa la malattia di Dent di tipo 2 (OCRL1). Il disturbo è pienamente espresso solo negli individui di sesso maschile. |
Quando il sintomo di esordio è la proteinuria la malattia di Dent può essere facilmente confusa con una malattia glomerulare (glomerulonefrite e sindrome nefrosica). Le malattie glomerulari sono spesso trattate con corticosteroidi, ma ovviamente queste terapie sono inefficaci per la malattia di Dent perché la causa della malattia non è un’infiammazione ma una anomalia genetica renale. Il fatto che i corticocosteroidi non siano d’aiuto può indurre il medico a classificare la malattia di Dent come “sindrome nefrosica resistente agli steroidi” prima che venga fatta una diagnosi corretta. Può confondere molto la biopsia renale che dimostra una sclerosi glomerulare focale.
Il trattamento della malattia di Dent deve essere guidato da un nefrologo ed è finalizzato a ridurre i sintomi della malattia attraverso l’assunzione di farmaci che inibiscono la formazione di calcoli renali e di integratori che correggono i disturbi elettrolitici e metabolici.
Il trattamento può richiedere la collaborazione coordinata di un’équipe di medici specialisti: pediatri, nefrologi e urologi, dietologi e altri professionisti della salute.
- Ridurre al minimo la deposizione di calcio (trattamento di profilassi per prevenire la formazione di calcoli)
- Rimozione di calcoli dal tratto urinario (trattamento sintomatico)
- Trattamento degli effetti della malattia, compresa la correzione dei disturbi elettrolitici, nonché dei disturbi derivanti dall’insufficienza renale cronica progressiva
Non dimenticate che in situazioni come diarrea, febbre, vomito o clima caldo, il fabbisogno di liquidi aumenta.
L’aumento della perdita di liquidi o la diminuzione della capacità di assumere liquidi devono richiedere l’intervento immediato di un medico per evitare una progressione rapida della malattia. In certi casi se l’assunzione orale di liquidi è difficoltosa può essere necessaria la somministrazione di liquidi per via endovenosa. I pazienti stessi, i curanti e gli insegnanti devono essere consapevoli della problematica.
Attenzione!
- Portate sempre con voi documenti che riportino le vostre malattie/malattiedel vostro bambino.
- L’apporto giornaliero di liquidi deve essere superiore a 2,5-3 litri per m² di superficie corporea.
- Assicuratevi di avere sempre a disposizione molti liquidi. Portate sempre con voi dell’acqua quando visitate luoghi nuovi.
- Bevete anche senza sete ad intervalli regolari durante l’arco della giornata.
- Programmate visite frequenti alla toilette.
- È utile impostare dei promemoria sul cellulare per ricordarvi di bere acqua oppure utilizzare applicazioni speciali per registrare la quantità di acqua bevuta.
Ricordate di avere sempre bottiglie d’acqua piene a portata di mano, in casa, in auto, nello zaino o nella borsa.
Un’assunzione limitata di sale da cucina riduce la quantità di calcio escreta nelle urine e quindi il rischio di formazione di calcoli renali.
Poiché la malattia di Dent è caratterizzata dalla perdita tubulare di importanti minerali, come il potassio, è necessario integrarli per mantenere le loro concentrazioni ematiche nella norma.
Nei pazienti con bassi livelli di fosfato (ipofosfatemia) e rachitismo vengono prescritti integratori di fosfato. L’integrazione di fosfati è in grado di ridurre l’ipercalciuria anche in assenza di ipofosfatemia.
I farmaci che riducono la cristallizzazione del calcio (in combinazione con l’assunzione di liquidi) possono ridurre ulteriormente il rischio di formazione di calcoli.
I risultati migliori si ottengono quando questi farmaci vengono assunti a intervalli regolari durante la giornata.
Ad esempio, il citrato di potassio forma complessi solubili con il calcio nelle urine e riduce così la disponibilità di calcio alla formazione di cristalli.
Il citrato viene metabolizzato in bicarbonato nel fegato e rende sangue e urine più alcalini (pH più alto di sangue e urine). In queste condizioni il citrato viene riassorbito meno nel tubulo renale ed escreto nelle urine. Nelle urine il citrato lega il calcio e ne riduce la disponibilità per la formazione di calcoli.
La quantità di citrato da assumere varia da individuo a individuo sulla base del pH delle urine, il pH può essere controllato utilizzando delle apposite cartine indicatrice di pH.
I valori target di pH delle urine sono compresi tra 6.2 e 7.4.
Il trattamento con i citrati a lungo termine può ritardare la progressione della malattia renale e prevenire la formazione di calcoli.
I diuretici tiazidici sono spesso prescritti nella malattia di Dent per ridurre l’escrezione di calcio (ipercalciuria), tuttavia il loro utilizzo è limitato dai possibili effetti collaterali come l’ipovolemia (diminuzione dei liquidi corporei, perdita di acqua) e l’ipokaliemia (diminuzione dei livelli sierici di potassio). Il paziente in trattamento deve quindi essere monitorato attentamente dal nefrologo curante, con particolare cautela nelle situazioni di diminuzione dell’assunzione di liquidi o di aumento delle perdite di liquidi.
Gli ACE-inibitori sono prescritti da alcuni nefrologi nel tentativo di ridurre la proteinuria. Questi farmaci abbassano la pressione di filtrazione nei glomeruli e quindi la quantità di proteine filtrate. Questo trattamento è controverso poiché il meccanismo che causa proteinuria nella malattia di Dent è una diminuzione del riassorbimento delle proteine nel tubulo e non un aumento della loro filtrazione nei glomeruli. Ad oggi non sono stati condotti studi per verificare se gli ACE-inibitori siano utili nella malattia di Dent.
is a non-invasive procedure that uses ultrasonic shockwaves to break stones in the urinary tract and kidneys. Its use is restricted to smaller stones and often requires general anesthesia in children.
è un metodo mininvasivo per rimuovere i calcoli dal tratto urinario accedendo al rene attraverso l’uretere e frantumando i calcoli direttamente con il laser. In corso di anestesia generale si inserisce un endoscopio in vescica attraverso l’uretra e si risale lungo l’uretere per visualizzare il calcolo. A seconda delle dimensioni del calcolo i frammenti saranno abbastanza piccoli da scendere spontaneamente in vescica oppure possono essere estratti con l’endoscopio.
Ancora oggi la malattia di Dent viene spesso diagnosticata solo quando la funzione renale è già significativamente compromessa. In questi casi è necessario trattare l’insufficienza renale cronica e le sue complicanze.
Per preservare la funzione renale il più a lungo possibile è importante prestare particolare attenzione ai fattori che possono essere dannosi per il rene.
Per questo motivo, è consigliato:
Evitare i farmaci che possono danneggiare il rene come i farmaci antinfiammatori non steroidei (“FANS”) – ad esempio l’Ibuprofene, il Naprossene, ecc. acquistabili senza ricetta in farmacia. Esistono numerosi altri farmaci che dovrebbero essere evitati il più possibile, il medico curante vi potrà aiutare in questo.
Evitare, o utilizzare con estrema cautela, i mezzi di contrasto per esami radiologici come la tomografia computerizzata (TC).
Avvisate sempre i medici della diagnosi di malattia di Dent, indipendentemente dalle altre condizioni mediche di cui siete affetti, in modo che il medico possa modulare il trattamento o programmare controlli supplementari se necessario.
Nell’insufficienza renale in fase terminale i reni non sono più in grado di svolgere la loro funzione, non riescono ad eliminare con l’urina i prodotti metabolici di scarto per mantenere in vita l’organismo; in questa fase è necessario avviare la dialisi o eseguire un trapianto di rene.
La dialisi è un processo artificiale che svolge le funzioni di base dei reni, ovvero rimuove l’acqua e i prodotti metabolici di scarto dal sangue. Esistono due tipi di dialisi: l’emodialisi e la dialisi peritoneale.
La dialisi peritoneale prevede l’infusione e la rimozione ripetuta di liquido di dialisi all’interno e all’esterno della cavità addominale mediante un catetere. Questa metodica può essere eseguita a casa utilizzando una macchina speciale, spesso viene svolta durante la notte mentre il paziente dorme.
Fino ad oggi non è stato ancora sviluppato un trattamento specifico per la malattia di Dent. L’estrema variabilità dei sintomi rende impossibile un trattamento standard che sia applicabile a tutti gli individui affetti. Inoltre, la rarità della malattia di Dent impedisce studi clinici su un ampio gruppo di pazienti per poter dimostrare l’efficacia dei farmaci come il citrato o i tiazidici. Gli esperimenti su modelli animali hanno tuttavia fornito importanti chiarimenti.
Sono in corso ricerche sulla terapia genica per il trattamento della malattia di Dent. I dati sperimentali dimostrano che la funzione della proteina CLC5 difettata nella malattia di Dent di tipo 1 potrebbe essere ripristinata in futuro grazie a trattamenti con le cosiddette piccole molecole (RNA).
I pazienti affetti da malattia di Dent corrono un rischio elevato di disidratazione e condizioni come la febbre, diarrea/vomito possono diventare emergenze e richiedere l’ospedalizzazione per l’esecuzione di fluidi in vena. È inoltre importante monitorare attentamente gli elettroliti.
In caso di calcoli renali che causano un’ostruzione delle vie urinarie possono essere necessari interventi urologici urgenti per prevenire il deterioramento della funzione renale.
Informate il chirurgo/anestesista della diagnosi di “malattia di Dent”.
La valutazione preoperatoria della funzione renale e degli elettroliti ematici (in particolare del potassio) deve essere eseguita in tutti i pazienti con malattia di Dent.
Se possibile contattate il nefrologo/pediatra che si occupa del vostro caso prima di interventi chirurgici o di altre procedure mediche per discutere di necessità/esigenze o restrizioni speciali per voi/il vostro bambino.
L’imprevedibilità del decorso e il rischio di un improvviso deterioramento della funzione renale costituiscono un elevato carico psicologico sia per i pazienti che per le loro famiglie. La maggior parte dei pazienti, compresi i loro genitori, necessita di un supporto psicologico.
E’ stato osservato che il 30-80% dei maschi affetti dal malattia di Dent sviluppa insufficienza renale terminale tra i 30 e i 50 anni di età.
A causa della rarità della malattia mancano però dati riguardanti l’impatto di una diagnosi precoce sulla prognosi della malattia.
Sembra tuttavia che interventi tempestivi riducano lo sviluppo della calcificazione renale e la formazione di calcoli e possano quindi rallentare la progressione dell’insufficienza renale.
In molti Paesi esistono gruppi di sostegno per i pazienti affetti da malattia di Dent. La malattia di Dent è una malattia rara e non del tutto nota. Lo scambio di informazioni ed esperienze può essere molto utile per i pazienti e le loro famiglie. I gruppi e le fondazioni a sostegno dei pazienti organizzano incontri, conferenze e campi vacanza.
I link al gruppo di pazienti della malattia di Dent sono disponibili sul sito web.
ACE-inibitori | una classe di farmaci che riduce la pressione di filtrazione nei reni e costituisce un pilastro nel trattamento delle malattie glomerulari. |
Aminoaciduria | la presenza patologica di una quantità elevata di aminoacidi nelle urine. |
La creatinina | è un prodotto metabolico circolante nel sangue che viene filtrato dai reni ed eliminato nelle urine. La creatinina non è dannosa, ma viene utilizzata come indicatore del funzionamento dei reni: più alta è la sua concentrazione nel sangue peggiore è la funzione dei reni. |
La malattia renale | è un danno renale progressivo e irreversibile che può portare all’insufficienza renale terminale nel giro di mesi o anni. Poiché i reni non possono rigenerarsi non esiste una terapia per far regredire la malattia renale cronica, ma esistono trattamenti che rallentano la progressione della malattia se attuati in tempo. |
Dialisi | metodo per rimuovere artificialmente i prodotti di scarto del metabolismo e i liquidi in eccesso dal sangue. Esistono due tipi principali di dialisi: l’emodialisi e la dialisi peritoneale. Nel caso dell’emodialisi il sangue viene pompato attraverso un filtro utilizzando una macchina. La dialisi peritoneale prevede invece l’infusione e la rimozione ripetuta di liquido di dialisi all’interno e all’esterno dell’addome in modo da depurare il sangue. |
Malattia renale allo stadio terminale (ESRD) | è la forma più avanzata e severa di malattia renale. Si parla di stadio terminale quando i reni hanno smesso di funzionare (possono produrre ancora urina ma di qualità molto scarsa) ed è quindi necessaria una terapia sostitutiva della funzione renale (dialisi o trapianto di rene). |
Sindrome di Fanconi | un insieme di sintomi causati da un difetto nella prima parte del nefrone (tubulo prossimale), che provoca un disturbo nel riassorbimento di aminoacidi (aminoaciduria), glucosio, fosfato, acido urico, citrato, piccole proteine, magnesio, potassio, calcio, bicarbonato e acqua. |
Glomerulo-sclerosi focale segmentaria | una condizione in cui si sviluppa tessuto cicatriziale nei filtri del rene (glomeruli) e che può portare all’insufficienza renale. La GSFS si manifesta solitamente con la perdita di grandi quantità di proteine nelle urine. |
Gene | l’unità genetica che contiene le istruzioni (“ricetta”) per la produzione di ciascuna proteina dell’organismo. |
Glomeruli | i piccoli filtri presenti nel primo tratto di ogni nefrone. Ogni rene contiene da 250.000 a 1 milione di glomeruli. |
Velocità di filtrazione glomerulare | descrive la velocità con cui i reni filtrano i prodotti di scarto nel sangue. Il GFR è normalmente superiore a 90 ml/min/1,73 m2, un valore inferiore indica una funzione renale compromessa. Un valore inferiore a 30 ml/min/1,73 m2 corrisponde a una grave insufficienza renale; a circa 10 ml/min/1,73 m2 è necessaria una terapia renale sostitutiva. |
Trapianto di | intervento chirurgico che consiste nell’inserire un rene sano in una persona i cui reni hanno smesso di funzionare (malattia renale allo stadio terminale). |
Sindrome di | sindrome oculo-cerebro-renale causata da mutazioni nello stesso gene che provoca la malattia di Dent di tipo 2 (OCRL1). Anch’essa è una malattia recessiva legata all’X e colpisce solo i maschi. |
Macroematuria | presenza di sangue nelle urine visibile ad occhio nudo. |
Microematuria | presenza di una piccola quantità di globuli rossi (eritrociti) nelle urine. Il colore dell’urina è normale e gli eritrociti sono visibili solo al microscopio. |
Nefrocalcinosi | la presenza di numerose calcificazioni puntiformi nel tessuto renale che riflettono la deposizione di cristalli di calcio. Questi cambiamenti sono facilmente visibili con gli ultrasuoni (ecografia). La nefrocalcinosi può predisporre allo sviluppo di calcoli renali. |
Nefrone | è l’unità funzionale e struttura le del rene, esso è costituito da due parti: il filtro renale (glomerulo) e il tubulo dove avviene il riassorbimento. |
Sindrome nefrosica | una condizione in cui i filtri renali perdono quantità eccessive di proteine, ciò provoca un basso livello di proteine nel sangue e la ritenzione di liquidi nell’organismo che spesso si traduce in comparsa di occhi e gambe gonfie (edemi). |
Osteomalacia | maggior fragilità delle ossa causato da un alterato metabolismo osseo dovuto principalmente a un apporto inadeguato di fosfato, calcio e vitamina D. Può anche essere causato da un aumento del rilascio di calcio dalle ossa. |
Polidipsia | bere eccessivamente. Può essere il sintomo di una serie di malattie che causano perdite di acqua e provocano di conseguenza una notevole sete. |
Poliuria | produzione eccessiva di urina (ad esempio più di 3 litri al giorno negli adulti). |
Tubulo renale | parte del nefrone dove l’urina primaria proveniente dal glomerulo viene modificata mediante il riassorbimento e l’esecrezione di molecole. Nei tubuli vengono processati circa 150 litri di urina primaria al giorno e trasformati in circa 1,5 litri di urina escreta nella vescica. Il tubulo è composto da diverse parti: tubulo prossimale, ansa di Henle, tubulo distale e dotto collettore. |
Rachitismo | deformità ossee causate da disturbi del metabolismo calcio-fosfato. |
Tubulopatie | malattie renali rare in cui la funzione tubulare renale è compromessa mentre i glomeruli funzionano normalmente. |
Urolitiasi (nefrolitiasi) | formazione di calcoli nel rene o nelle vie urinarie. |
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